L’Italia all’officina riparazioni
Dal giorno successivo al referendum sulla riforma costituzionale viviamo in un percettibile clima di sospensione di attività cui fanno da contrasto i rumori e le scintille provenienti da una serie di attività di riparazione, spesso affannose e frettolose in molti ambiti. Si tenta di riparare la legge elettorale, vi sono azioni di aggiustamento sulla “Buona Scuola”, si sta cercando di rimediare alla deriva dei voucher, si stanno svolgendo riparazioni o maquillage post eliminazione province, si sta faticosamente e penosamente ricucendo e rammendando il tessuto connettivo e di credibilità del sistema bancario, si sta correndo a correggere gli errori di sottovalutazione dei fenomeni legati all’immigrazione, si stanno ricucendo strappi nel tessuto del sistema pensioni. Insomma, l’Italia pare essersi tutta fermata per entrare in una grande officina riparazioni.
E meno male che la Consulta ha appena scongiurato il rischio di un altro referendum per rimettere in auge quel totem dell’art. 18, con il quale una parte del sindacato pensa di convincere tre milioni di disoccupati di avere perso il lavoro a causa di quello e che il lavoro tornerà chissà come dopo un eventuale ripristino.
A prima vista si potrebbe commentare che non è poi così male se con le riparazioni vengono sistemati errori o eliminati dei nodi. Certo che lo è; ma non ci si può non accorgere che tutto l’apparato Governo, organi pubblici, partiti, associazioni di categoria è indaffarato solo intorno a riparazioni minime, con impatti sì utili, ma non fondamentali e non decisivi.
Non si vedono, infatti, tra le manutenzioni in corso o programmate sulla macchina Italia, le grandi mutazioni necessarie; per esempio “al cambio” Pubblica Amministrazione per ridurne gli attriti, oppure agli “organi di trasmissione” per una guida affidabile e senza continue fermate, alla “carrozzeria” per una sua maggior resistenza/resilienza agli eventi idrogeologici, né tantomeno al “motore” per minor consumi e maggior potenza.
Gira e rigira, la macchina Italia a suon di piccole riparazioni si è fatta vecchia ed è tenuta su con grande dispendio di risorse sia politiche che economiche; non può che andare piano piano e soprattutto non è un mezzo credibile per missioni lunghe e impegnative. E così condanna gli italiani a un melanconico starsene a casa per evitare sorprese più brutte.
Per la verità, qualche nuovo marchio tenta di farsi passare come veicolo nuovo scintillante, ma a sfogliarne il catalogo si intravede, impalpabile ma quasi certo, il sapore di prototipo improvvisato e non collaudato di un mezzo vecchio e trasformato alla meglio in apparenza.
Non dovremmo dunque illuderci di fronte a un’altra tornata di promesse di un grande viaggio della speranza e poi sentirci traditi se si risolvesse in una ennesima fermata a bordo strada con il cofano alzato e il motore fumante…